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Brillo, Petra o La Campana, quando il politico si fa oste

Il grande ritorno di Albino Ruberti in Campidoglio e la gestione dell’enoteca di famiglia al Pigneto.

Articolo di Lorenzo d’Albergo.

Il “Pugile” è tornato. E, archiviata la lite di Frosinone fuori dal ristorante La Taverna e la questione di opportunità sollevata dall’ex segretario dem Enrico Letta, per Albino Ruberti c’è un altro ribaltone. Anche gastronomico, perché da ora in avanti il problem solver del sindaco Gualtieri avrà meno tempo da dedicare all’attività di famiglia. Brillo (proprio così) è il nome dell’enoteca che i figli di Ruberti gestiscono al Pigneto.

Transitato per Acea Ato 2, Risorse per Roma e l’Ipa del Comune, il manager che per un pranzo fuori legge venne multato in era Covid è tornato da Gualtieri. Meno calici e stuzzichini, più delibere. Con buona pace della tradizione che a Roma lega la ristorazione e la politica, ora la cura va messa più nella gestione dei rapporti tra giunta e consiglieri che sulle dosi per la carbonara.

Lo richiede il corpaccione della maggioranza, facile a spazientirsi se ignorato. Perché, in fondo, affamato. Di visibilità e piatti gourmet. Chiedere a Lorenzo Marinone, giovane eletto dem e proprietario di parte di Petra, locale tra Trastevere e il Vaticano. Prima dell’ingresso in giunta, della ciurma dei golosi faceva parte Alessandro Onorato: all’inizio con Mercerie, lounge bar con vista su largo Argentina, e poi con il catering per lo stadio Olimpico.

Food & beverage, dunque. Alla voce bar si incontra Enzo Foschi: l’attività di famiglia alla Garbatella è nella memoria del quartiere. Lì,dietro al bancone, il segretario del Pd romano ha affinato le doti di oratore.

Tradizione, si diceva. Ed è qui che suona la Campana di Paolo Trancassini: 500 anni di storia (e ospiti eccellenti, da Napolitano a Federico Fellini) per il ristorante del deputato meloniano. Questore della Camera, a inizio legislatura aveva preso in carico l’operazione di restyling del menu della buvette di Montecitorio. Ovviamente con un occhio di riguardo alle specialità nostrane. E allora pasta sia, come direbbe pure Denis Verdini. Pastation del figlio Tommaso, il “cognato” di Matteo Salvini, è stato al centro delle cronache politiche. Sempre a destra, in via Cola di Rienzo c’è il bar Cantiani dell’omonimo ex consigliere di Forza Italia, famoso per i suoi catering sul finire della rissosa era Alemanno.

Fuori porta — e oltre i confini del Lazio — si trova invece l’agriturismo della coppia ultradem Monica Cirinnà-Esterino Montino. Cheap & chic, per dimenticare la faccenda dei soldi trovati nella cuccia del cane.

Tornando entro l’anello del Gra, hanno avuto i loro momenti di gloria i locali di Walter Lavitola e di Salvatore Buzzi: l’ex direttore dell’Avanti, reduce da una condanna con Silvio Berlusconi, nel 2017 aprì una pescheria con servizio diretto a Monteverde, mentre era dell’uomo delle coop del Mondo di Mezzo il pub “criminale” di Tor Vergata. I panini? Er Libanese e Er Freddo. Cibo robusto.

Per accedere all’articolo originale apparso su la Repubblica, clicca qui.

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